COMUNE DI CANDIDA

Lorenzo Giustiniani, nel suo dizionario geografico, parlando di Candida scriveva: Ella è situata in luogo molto alpestre, confinando il suo territorio da oriente con Montefalcione, da mezzogiorno con Parolisi, da occidente con Atripalda, e da settentrione con Manicalciati. Le produzioni del di lei territorio consistono in quantità di castagne, vino, canape, e lino. Giuseppe Zigarelli, storico e ricercatore avellinese, nonché appassionato cultore di antichità e fondatore del primo museo archeologico irpino, nel tracciare un profilo storico e ambientale dei vari comuni della diocesi di Avellino così si esprimeva parlando di Candida: Essa perché è situata sul dorso di alquanto erta collina domina colle sue pendici dodici paesi che sembrano farle onorata corona. In un documento del 17 dicembre 1576 si legge: La terra della Candida sta sita in loco eminente et de bona aria distante da detta città de Avellino circa tre miglia[6]. Angelo de Ruggiero, prete e professore del seminario di Avellino nei primi decenni del Seicento, considerato uno dei migliori poeti latini ch'abbia prodotto questa provincia, componeva magnifici versi su Candida: Te magna pietas, sacra septa ac templa fatentur, Candida, si phœnix scis renovare dies. Inter castra vetus præstas vicina nec ulli aëre, fonte, mero mitius astra micant. La tua grande umanità, i sacri ricoveri e i templi ti rendono unica, Candida, come una fenice sai rinnovarti nel tempo. Eccelli tra le rocche vicine per antichità, né altrove le stelle splendono più dolcemente per l'aria, le fonti, il vino puro. Infine l'arciprete Pasquale de Magistris, candidese e pastore indegno di questo popolo, come egli stesso si definisce, così scriveva: Candida, che sotto un cielo che le sorride e in mezzo a monti che le parlano di forza, pare aperta a tutto ciò che è grande e bello. Chiunque nei secoli passati abbia raccontato e descritto questo che era ed è un piccolo centro irpino, seppur carico di storia, non è riuscito a trovare che parole esaltanti la splendida posizione, la dolcezza e salubrità del suo clima. Storia Fino al IX secolo d.C. non ci sono documenti che attestano l'esistenza del borgo di Candida, ma dai numerosi ritrovamenti di terracotta e di ceramica antica nelle zone che degradano verso il vallo che separa il territorio di Candida da quello di Montefalcione, si può facilmente presumere che vi fossero insediamenti di famiglie dedite alla pastorizia e alla coltivazione di quelle terre, sfruttando le acque del torrentello e i boschi circostanti che facevano parte del nemus Corilianum, cosiddetto per la prevalenza del noccioleto selvatico. I rinvenimenti lasciano pensare che non vi fosse alcuna costruzione in laterizio, essendo tegole e cocci in ceramica d'uso domestico gli unici oggetti ritrovati. Un saggio di scavo in un insediamento pre-romano individuato in località Cesine fu ritrovata una patera del IV secolo a.C. Il toponimo del paese è di origine classica indicando le candide e biancheggianti rocce su cui è insediata la parte più antica dell'abitato. Un'altra ipotesi, invece, fa riferimento alle denominazioni che prendevano le villæ romane, ispirandosi alle caratteristiche dell'ambiente su cui insistevano.[senza fonte] All'epoca dell'impero romano, il territorio ricadeva nella Civitas Abellini, iscritto alla tribù Galeria. Con la dissoluzione dell'impero romano e l'invasione dei barbari, il territorio fu conquistato e devastato prima da Belisario, nel 536, e poi da Totila, nel 543. Nel periodo longobardo, la prima notizia storica documentata di Candida risale al 1045, quando rientrava come casale nella contea di Avellino sotto il dominio dei conti Adelferio e Giovanni. In un documento rogato dal notaio Tasselgardo nel Castello di Serra, sotto i principi longobardi di Benevento Pandolfo III e suo figlio Landolfo VI, una nobildonna, Domnanda figlia di Giovanni Menao, dichiara di possedere delle terre …Super ribus de Candida. Di appena venti anni dopo, il 1065, è un altro documento di un tal Grimoaldo rogato nel Castello di Candida, dove si parla di terre … Super ribus qui dicitur Cauda[10], verosimilmente la zona oggi nota col nome Auri derivazione dal termine tedesco Wald, cioè bosco. Le prime notizie documentabili del castello di Candida e del suo signore risalgono a metà del 1100. Il Catalogus Baronum, compilato tra il 1150 e il 1168 a seguito del censimento, ordinato da Ruggero II di Sicilia, dei feudi e dei feudatari del Regno, attesta che feudatario di Candida e Lapio con Arianiello era Alduino figlio di Ruggero figlio di Oldoino delle genti Lortomanne, ovvero Normanne. A causa di un duro scontro con il cancelliere, Alduino perse i feudi che furono incamerati nel demanio; nel 1186 Guido de Serpico ebbe in concessione il feudo di Lapio e Arianiello, mentre il castello di Candida fu venduto a Rogerio, fratello di Guido e figli di Trogisio de Scapito, feudatario di Trogisio de Cripta di Serpico. Nel Catalogus Baronum è scritto: Candida est feudum ij militum, Lapigia et arcanellum feudum ij militum… hoc tenet Guidus et Rogerius frater eius qui emerunt illud a Curia… Rogerius emit Candidam, et non emerunt nisi solum quod Alduynus de Candida tenebat in Demanio. Candida è un feudo che dispone di 2 militi, Lapio e Arianiello è un feudo di 2 militi… Sono posseduti da Guido e Ruggiero, suo fratello, che li comprarono dalla Curia… Ruggiero compra Candida, e comprarono solo ciò che Alduino de Candida aveva in Demanio. A metà del XII secolo Candida, notevolmente ampliata, costituiva un vero borgo raccolto intorno alla montagnola rocciosa su cui si ergeva il castello, osservatorio privilegiato per controllare gli spostamenti delle truppe nelle zone a valle. Dell'ottima posizione strategica del castello di Candida fu persuaso anche Alfonso V d'Aragona che, nella sua avanzata verso Napoli, il 16 giugno 1440 firmò un documento in nostris felicibus castris contra terram Candidæ. L'ingresso al castello di Candida, XII secolo Nel suo volume Bernardo di Candida Gonzaga, scrive che molte antiche et honorate memorie di que' della Candida sono riportate nel mortuale della Chiesa di S. Spirito di Benevento. In questo registro delle personalità defunte e lì sepolte, si fa menzione di Finizia, moglie del Giudice Pietro della Candida, giudice assessore presso lo straticò di Salerno, di Giordano e di Giacomo della Candida, di Caropresa, moglie del giudice Gregorio della Candida e di Anibale della Candida morto nel 1281. Giordano Filangieri, nato tra il 1195 e il 1200 dal feudatario di Nocera Giordano e da Oranpiasa, nominato imperialis marescalcus[16], come si legge in un privilegio emesso nel marzo del 1232 da Federico II di Svevia a favore dei Veneziani, sposò nel 1234 la sorella di Alduino de Candida, il quale nel testamento redatto a Foggia nel novembre dello stesso anno gli concesse i feudi di Candida e Lapio[17]. Tali feudi avrebbero costituito il nucleo dei possedimenti irpini della famiglia Filangieri. Alla morte di Giordano, il feudo di Candida toccò in eredità al figlio Aldoino, dal quale prese nome il ramo Alduino de Candida accrebbe il suo patrimonio ricevendo i feudi di Solofra e di Abriola. Per la grande considerazione che i Filangieri di Candida avevano presso la corte di Federico II, Candida fu elevata ad Universitas, cioè in Comune, con il diritto di tenere adunanze partecipate da tutti i cittadini e gli uffici per l'amministrazione della giustizia civile e militare. Alcuni documenti dei Registri Angioni attestano e avvalorano l'idea che Candida godeva, oltreché di buon prestigio, anche di un'elevata floridezza e vivacità economica e civile. Infatti, in alcune carte si concede all'università di tenere fiere in occasioni di particolari ricorrenze. Nel giugno del 1277, ad esempio, si dà ordine all'università di Candida di non indire alcuna fiera, pena il pagamento di una multa di 100 once. Mentre con un documento del 7 aprile del 1296 si concede, a seguito della richiesta di Riccardo Filangieri, … in quella terra di tenere una fiera nella festa di S. Angelo, vale a dire la festa di S. Michele Arcangelo, l'8 maggio. Nel 1330 Filippo Filangieri entrò nel governo del feudo e nel 1340, raccogliendo i centri di Arianiello, Parolise, Salza Irpina, S. Potito, Salsola, Manocalzati, S. Barbato e Pratola Serra, costituì la Baronia di Candida. La torre quadrata del castello Filangieri a Candida, XII secolo Ciò favorì lo sviluppo demografico ed edilizio del borgo nonché una forte espansione economica soprattutto con la lavorazione del ferro, essenzialmente chiodi. Ancora oggi gli abitanti di Candida sono chiamati ‘i chiovaruli da Canneta (i chiodaroli di Candida). Il prestigio della casata dei Filangieri e la floridezza della baronia spinsero Filippo a sostenere un incremento edilizio che meglio esprimesse le magnificenze della sua signoria. Nel 1366 finanziò la costruzione di un importante complesso monastico, affidato ai frati agostiniani, composto da un convento e dalla chiesa della SS. Trinità. La chiesa, in stile gotico, divenne la cappella gentilizia della famiglia Filangieri, raccogliendo le spoglie dello stesso Filippo morto il 15 febbraio 1372. La decisione di Giovanna II d'Angiò di sottrarre la contea di Avellino ai Filangieri in favore di Sergianni Caracciolo, favorito della regina, indusse il barone di Candida Filippo, detto 'o prevete, nipote del fondatore della Baronia, a prendere le armi per risolvere la controversia. Nel 1426, Filippo a capo di una truppa composta da 500 soldati assediò e assaltò il castello di Montemiletto. L'azione rapida e ben congegnata gli permise di occupare il fortino e trarre prigioniero il fratello di Sergianni. Questi, a capo di un distaccamento militare inviato dalla regina, pose d'assedio la terra di Candida. Filippo, per far recedere le milizie dalle posizioni assunte, appiccò il fuoco ad alcune case, ma i suoi soldati, a causa del forte vento, non furono in grado di controllare le fiamme. Il fuoco bruciò gran parte del paese e fece morire carbonizzati molti uomini, donne e bambini distruggendo molte case con i loro beni[19]; ciò portò alla devastazione del borgo fino a lambire lo stesso castello. Filippo Filangieri fu costretto, perciò, alla resa senza condizioni. Nuova signora di Candida divenne Caterina Filangieri, moglie di Sergianni che si rese promotrice della costruzione del palazzo baronale e della costruzione del monastero della Concezione di Candida dei monaci dell'Abbazia territoriale di Montevergine stipulando un contratto di enfiteusi con il priore Lanzillo de Salza. Nel 1513 Maria de Cardona (Padula, 1509 - Napoli, 9 marzo 1563) divenne la nuova baronessa di Candida. Donna di grande cultura e di molta pietà cristiana, la marchesa de Cardona fece restaurare la chiesa agostiniana e si impegnò per la costruzione di una nuova …ecclesia intitulata Santa Maria Maggiore con titulo de arceprevetarato…[21], chiesa che sostituisse quella stretta e scomoda situata a ridosso della torre campanaria, …parimenti antica e di male architettata costruzione… Successivamente il feudo fu posseduto dal genovese Niccolò Grimandi, da Nicolò Doria e da Andrea Leone. Nel 1581 il feudo fu venduto a Bendillo Saulli, per 77562 ducati, 4 tarì e 12 grani. Il 23 novembre 1590 il feudo fu ceduto dal demanio reale a Vittoria de Sangro, marchesa di Montefalcione, che l'anno successivo vendette le terre di Candida a Lucrezia Moscato, moglie di Giovan Battista Magnacervo feudatario di Pulcarino, l'odierna Villanova del Battista. Il feudatario di Montefalcione trattenne però nelle sue pertinenze metà del molino di Candida. Il 5 dicembre del 1691 i discendenti del barone Giovan Battista vendettero, per 22000 ducati, le terre di Candida a Francesco Marino Caracciolo, principe di Avellino e gran cancelliere perpetuo del regno. Il feudo di Candida entrò a far parte del principato di Avellino. Il feudo di Candida restò legato alla famiglia Caracciolo fino all'eversione della feudalità avvenuta nel 1806. Il principe Giovanni Caracciolo fu l'ultimo signore feudatario di Candida. Lo stemma Lo stemma del comune di Candida, un drappo di color avorio, presenta al centro, su un campo blu cobalto, una fenice che rinasce a vita nuova da un nido posto su un colle più alto degli altri e sotto un cielo assolato che le sorride. Lo stendardo, chiuso da un elegante decoro dorato, è coronato da un diadema baronale impreziosita con rubini e smeraldi. Il senso dello stemma è riconducibile alla storia stessa del paese, distrutto a causa di un feroce incendio nel 1426 e poi rinato, come una novella fenice, a vita nuova e testimoniato da un bellissimo quanto sibillino distico, scolpito nel 1519 sul portale della chiesa agostiniana della SS. Trinità: CANDIDA CUR PHOENIX IGNIS VORAT AUREA MONTES SOLA NOVANDA CAPUT CUNCTA ELEMENTA FERO. Candida sei come una fenice, il fuoco divora i monti dorati. Do origine a tutti gli elementi per rinnovare le fondamenta.

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